In tempo di rottamazioni.... cosa ne facciamo del costo standard ?

In tempo di rottamazioni.... cosa ne facciamo del costo standard ?

Il sistema a costi standard, caratterizzato da una consolidata storia e da un’ampia diffusione quale comprovato sistema di cost analysis, negli ultimi anni viene messo in discussione, soprattutto dai sostenitori della lean thinking.

Secondo la letteratura di riferimento il costo standard sarebbe da “rottamare” in quanto diventato inutile, se non pericoloso, rispetto alle finalità per le quali era funzionale.

Al costo standard vengono assegnate molteplici finalità, di tipo gestionale quale strumento di supporto alle decisioni aziendali (politiche di pricing), piuttosto che di tipo organizzativo nella sua accezione di valore parametrico, e funzioni di tipo tecnico-amministrativo quale strumento per la valorizzazione delle rimanenze.

Una prima critica allo standard costing è diretta alla finalità gestionale e trova origine nella constatazione che le aziende si trovano a dover gestire una complessità aziendale che ha come prima conseguenza un vertiginoso aumento dei costi indiretti, e questo aumento verrebbe nascosto dai criteri di funzionamento del sistema a costi standard.

Vero è che nell’attuale situazione caratterizzata da una crescita economica alquanto contenuta la via più efficace per aumentare la redditività è legata alle riduzione dei costi.
I progetti di riduzione dei costi non devono però essere confusi con i tagli al puro scopo di tamponare situazioni di crisi “finché le cose non migliorano”.
Contenere i costi significa attuare interventi sistematici e strutturati che intervengano sulle cause dei costi e non sul loro immediato effetto. In letteratura si traduce nel fare "cost management".

Fare cost management significa principalmente dotarsi di strumenti adeguati ed innovativi, che abbiano natura strategica e preventiva.
Una metodologia in questa direzione è il target costing, anche se non è un’idea totalmente nuova in quanto fin dagli anni ‘70 è stata la risposta adottata da tutte quelle imprese che sentivano l’esigenza di ridurre i costi. 
Innovativo è l’uso di questa metodologia che ribalta l’approccio tradizionale nella fissazione del prezzo di vendita.
La definizione tradizionale del prezzo di vendita è di tipo cost plus, partendo dal costo standard del prodotto a cui aggiungere una quota di margine di profitto.
L’uso del costo standard nella definizione tradizionale delle politiche di pricing avviene dunque in logica simulativa, definendo livelli differenti di prezzo a fronte di diversi livelli di profittabilità.

Per il Target Costing il prezzo del prodotto è definito dal mercato ed è in funzione del valore percepito dal cliente, ed è il prezzo che determina il costo.
La tecnica del Target Costing si sviluppa in diverse fasi, e consiste nel determinare il target di costo sottraendo dal valore del prodotto stabilito dal mercato il target di margine di utile perseguito.
In buona sostanza il Target Cost corrisponde al minimo costo accettabile, calcolato deducendo dal prezzo dato dal mercato l’obiettivo di profitto.
Il valore strategico del Target Cost consiste nel fatto che la ricerca del costo minimo accettabile deve avvenire fin dalle prime fasi di pianificazione e progettazione del prodotto, il che lo rende utilizzabile prevalentemente per i prodotti nuovi.
Il Target Costing è dunque uno strumento di pianificazione dei costi, tant’è che viene definito anche cost planning, mentre non è uno strumento idoneo per il controllo dei costi.

Ma, se a livello strategico è d’obbligo parlare di riduzione dei costi, passando a un livello più operativo è necessario introdurre una prassi per il controllo dei costi, per il controllo del mantenimento dei costi, mantenimento delle riduzioni ottenute.
È dunque possibile ipotizzare che il costo accettabile calcolato dal target costing definisca il costo standard, quale valore parametrico per verificarne il mantenimento e stabilire il livello da cui partire per definire il successivo progetto di cost deployment.
Se per le politiche di pricing può essere auspicabile l’applicazione di metodologie alternative, al di là del target costing, in ambito dell’attività di controllo i sistemi di standard costing confermano la loro funzionalità.
“Un sistema di target costing non può essere implementato efficacemente senza il supporto dello standard costing o del budgeting...”.[1]

All’attività di riduzione dei costi fa seguito la necessità di misurare al meglio i costi ineliminabili.

I costi standard vengono definiti non più idonei strumenti di misurazione, in quanto avvalorerebbero l’esistenza degli sprechi aziendali definendone un livello standard come accettabile. 
Di conseguenza il sistema di standard costing non sarebbe in grado di evidenziare i costi conseguenti a tutti gli sprechi che si insinuano nelle attività non a valore aggiunto. 
In ambito lean si legge inoltre che il costo standard non corrisponderebbe al reale costo di prodotto in quanto comporta l’imputazione “macchinosa” di un insieme di costi difficilmente ricollegabili all’ oggetto di calcolo.

Tutto dipende dalle modalità di calcolo del costo standard.

La definizione del costo standard, sia esso “ideale” o “conveniente” (per usare la terminologia in uso), deve necessariamente fare riferimento a ipotesi di miglioramento rispetto alla situazione attuale, non deve parametrarsi sulla condizione reale.

È in questa direzione che, in un contesto di cost deployment, deve essere pensato il costo standard, quale parametro di riferimento, che può essere stabilito ad un livello più o meno ottimale a seconda di quanto si intenda condizionare il comportamento del management.
È un’altra volta nell’accezione di parametri obiettivo (“…parametri in quanto termini di paragone” e obiettivi “in quanto definiscono il risultato desiderato...”[2]) che i costi standard continuano ad essere un valido supporto all’attività di controllo, fatto salvo il riferimento a condizioni migliorative rispetto alla situazione in essere.

Riguardo gli ambiti di applicazione la parte più accurata della letteratura di riferimento [3] sottolinea come un sistema a costi standard debba limitarsi alle sole aree caratterizzate da un’alta ripetitività, o meglio a elevata standardizzazione, una su tutte l’area produttiva, con le dovute considerazioni.
La lean thinking, più di altre filosofie gestionali, mira alla progettazione di ambienti poco volatili, non eccessivamente variabili in termini di risultati, che di fatto corrispondono al contesto aziendale ottimale per un corretto calcolo degli standard.

La filosofia lean fa riferimento al concetto di standard work, alla necessità di conoscere la capacità produttiva effettiva e il tasso produttivo di ogni postazione.
Quanto basta per calcolare in modo esaustivo il costo standard delle fasi produttive, lasciando ad altri metodi (una su tutti l’Activity Based Costing) la misurazione e valorizzazione di tutte le attività, siano esse di supporto alla produzione o estranee all’area produttiva, per le quali è necessario individuare determinanti specifiche.

Un esempio in tal senso è il ri-attrezzaggio dei macchinari, quale attività produttiva indiretta rispetto alle fasi di lavorazione, attività non a valore aggiunto e quindi da ridurre ai minimi termini.
La letteratura sia manageriale che accademica già sottolinea come l’attività di attrezzaggio non debba rientrare nel calcolo del costo standard di fase, ma debba essere costificata separatamente, mediante strumenti idonei (l’Activity Based Costing), al fine di poterla monitorare in ottica di riduzione.

Stesso discorso vale per tutte le attività non a valore aggiunto che inoltre devono essere monitorate attraverso indicatori di performance idonei, di natura fisico tecnico, quali la percentuale dei fermi macchina, il numero dei difetti, l’ammontare delle scorte… indipendentemente dalla tipologia di cost analisys implementata.

Sempre in riferimento alla metodologia di calcolo del costo standard è inoltre riconosciuta la necessità di limitare l’imputazione ai soli costi connessi con ciò che avviene nell’ambito del centro di costo, basandosi su dati oggettivi relativi al consumo delle sole risorse controllabili evitando di ricercare un costo “fullissimo”, calcolato anche a costo di usare tecniche alquanto discutibili, quali percentuali di consumo.

Il conto economico a costo del venduto non è strategicamente utile in quanto sommerge i problemi, non evidenzia ne gli sprechi a cui bisogna dare la caccia ne i miglioramenti conseguiti.

Vero, ma il conto economico del venduto è necessario, così come lo è la valorizzazione delle rimanenze, per quanto poche siano.
Detto ciò è indubbiamente necessario affiancare un conto economico che abbia un taglio più strategico, allineato con le esigenze e gli obiettivi strategici.

La Lean accounting prevede la compilazione di un conto economico di Value Stream, che si redige deducendo dal valore delle vendite di periodo delle diverse famiglie di prodotti, i costi direttamente imputabili ed effettivamente sostenuti, al fine di evidenziarne la redditività. 
Di grande utilità strategica è inoltre il prospetto di conto economico, sempre proposto dalla lean accounting, che evidenzia le cause reali delle variazioni positive e negative delle poste “gestionali” quali ad esempio la produttività della mano d’opera, l’incidenza degli scarti o i livelli delle scorte, al fine di leggere nel dettaglio le determinanti del risultato aziendale.

Conclusioni

Molto è stato scritto sullo standard costing, ma non sempre è stato dato il giusto peso alla necessità di dover fare le giuste valutazioni per poter dare priorità ad una sola delle molteplici finalità associate allo stesso.
Scelta che deve essere antecedente all’implementazione del sistema in quanto ne condiziona logiche e regole di funzionamento.
È in questa prospettiva che lo standard costing deve essere ripensato ed è opinione di chi scrive che il costo standard possa mantenere un ruolo attivo nell’ambito dell’attività di controllo.

Il costo standard non deve essere rottamato se correttamente calcolato con finalità comparativa in ottica parametrica.

Il malfunzionamento dei sistemi di standard costing è riconducibile all’assegnazione allo stesso di un elevato numero di finalità, alcune delle quali improprie.
Il Value Stream Costing, piuttosto che il costo di battuta detto anche Costo Takt, hanno come obiettivo il calcolo del costo effettivo, ma calcolare l’entità assoluta dei dati presuppone un confronto, che è possibile solo se esiste l’opportunità di riferire i dati in esame ad altri dati omogenei.

 

  • Target costing and how to use it (Miciharu Sakurai)
  • Programmazione controllo in ottica strategica (Bergamin Barbato)
  • I sistemi di rilevazione dei costi a valori standard: potenzialità e vincoli (Gianluca Meloni e Emilio Galbiati – SDA Bocconi Schol of Management)